Quanti cucchiaini? Questa è una domanda che ci sentiamo porre tutti i giorni con chiaro riferimento allo zucchero. Nel tè, nel caffè, nel latte o in tante altre ricette quotidiane.
Zucchero bianco o di canna? Dolcificante o no? La materia si fa complessa, ma il prodotto più diffuso e utilizzato è il classico zucchero da cucina. Ma farà male? Esiste qualcosa di meglio dello zucchero semolato?
Complice la grande diffusione di informazioni, il desiderio di avere una linea fisica perfetta, l’attenzione verso la propria salute, insieme al diffondersi in maniera più massiccia di alcune malattie (come ad esempio il diabete), l’interesse verso uno tra i prodotti più diffusi in assoluto nelle nostre cucine si è presto amplificato, catalizzando l’attenzione degli ultimi anni.
Approfondiamo insieme l’argomento cercando di valutare i pro e i contro dello zucchero semolato e fornire una risposta valida ad alcune domande che sono ormai diffuse e sulla bocca di tutti, provando a sfatare qualche falso mito.
– Zucchero semolato: cos’è?
Senza farsi trarre in inganno dalla terminologia, lo zucchero semolato è il normalissimo zucchero da cucina bianco che si utilizza tutti i giorni, dalla colazione del mattino fino alla tisana serale.
Quella che si introduce nelle bevande calde o che si inserisce nella ricetta della torta preferita, oppure che si sparge sopra alle brioche, è senza dubbio la tipologia di zucchero più comune e con maggior potere dolcificante.
Chiariamo subito che lo zucchero semolato non corrisponde a quello offerto in natura, nel senso che per chiamarsi con questo strano nome, la materia grezza deve subire delle lavorazioni ed eventualmente un processo di raffinazione che ha lo scopo di renderlo bianco.
Nello specifico, il termine ”semolato” fa chiaro riferimento alla granulometria con cui viene venduto il prodotto.
A livello industriale e di conseguenza anche commerciale, la parola è riferita esclusivamente alla forma con cui lo zucchero viene messo nei sacchetti e smerciato sul mercato. A seconda della raffinazione che subisce, il colore può variare dal bianco quasi iridescente al marroncino chiaro tipico della neutralità di un prodotto non raffinato.
Per meglio comprendere cosa sia lo zucchero semolato è possibile concettualmente sostituire tale termine con la parola ”macinato”. Lo zucchero semolato, quindi, altro non è che lo zucchero macinato nella forma che tutti noi siamo abituati a conoscere a tavola, ottenuto grazie ad un procedimento di lavorazione atto a ricondurre a quella granulometria ed eventualmente a sbiancare la materia.
La semola, dunque, ha lo scopo specifico di ridurre dimensionalmente il prodotto per favorire un dosaggio migliore e più preciso, attraverso una particolare macinazione di un blocco iniziale. Una precisazione è doverosa riguardo lo zucchero di canna. Esso non è un’alternativa dello zucchero semolato dato che anche questo viene venduto nella stessa ”pezzatura” dell’altro.
La differenza quindi sta semplicemente nell’origine: lo zucchero bianco da cucina deriva dalla barbabietola, mentre l’altro viene estratto dalla canna da zucchero, ma entrambi posso presentarsi come semolati.
– Le varie lavorazioni della semola e la sua composizione
Grazie alla tecnologia moderna e agli impianti industriali più innovativi, oggi è possibile ottenere diversi formati di zucchero derivanti dalla lavorazione del semolato.
– A grana grossa: il processo dura minor tempo e ha lo scopo di rallentare la solubilità dello zucchero all’interno di miscele liquide.
– A grana media: riguarda la classica lavorazione che produce lo zucchero di usuale impiego quotidiano.
– A grana finissima: viene indicato per miscele che hanno la necessità di sciogliere in tempi rapidissimi lo zucchero.
Il composto, indipendentemente dalla lavorazione, è ottenuto da saccarosio, un elemento fino a diversi anni fa abbastanza costoso. Poi, col trascorrere del tempo e con la diffusione delle competenze tecnologiche, la sua diffusione è aumentata rendendosi disponibile a tutti.
Il saccarosio è presente sia nella barbabietola da zucchero che nella canna e il potere dolcificante è molto simile, anche se è possibile comunque accorgersi di una lieve diversità a favore del primo.
Un’altra strada per poter ottenere lo zucchero semolato è quella di far riferimento all’acero o alla palma come sorgente di partenza, ma è un ”itinerario produttivo” meno conosciuto e impiegato, per necessità, solo in alcuni Paesi.
– Lo zucchero bianco fa male?
Nonostante ciò che si senta affermare, lo zucchero semolato non fa male poiché il termine non indica una caratteristica qualitativa del prodotto, ma è riferito alla sua forma ottenuta mediante lavorazione industriale. Il processo non inficia le qualità e le proprietà nutrizionali del prodotto, il quale viene comunque raffinato, sia che si presenti sotto forma di zolletta, blocchi più grandi, o in minuscoli granelli tipo sabbia come siamo abituati a vedere.
Chimicamente non vi sono alterazioni dovute alla forma e la lavorazione non è in grado di mutare proprietà o caratteristiche. Anche lo zucchero di canna, da molti considerato più naturale e benefico dello zucchero bianco, è presente in forma semolata. Lo zucchero fa male alla salute e sa essere deleterio, nel momento in cui viene assunto in quantità eccessiva, indipendentemente dalla sua consistenza e dal suo colore.
Tanto per dare un dato, il processo di sbiancamento dello zucchero avviene mediante l’impiego di una sostanza chiamata anidride solforosa, le cui tracce all’interno di un chilogrammo di zucchero sono 10 volte inferiori a quelle contenute all’interno di una bottiglia di vino rosso (10 mg/kg). Il problema è che oggi la quantità di zucchero assunta durante la giornata da una normale persona è difficilmente controllabile, in quanto una certa percentuale è comunque contenuta in moltissimi alimenti, anche quelli forse meno intuibili, come legumi e ortaggi.
Un eccesso di zuccheri può creare problemi di stampo degenerativo a livello neurologico ed è quindi meglio cautelarsi calmierando l’utilizzo. Da tener presente è che il controllo che viene effettuato sullo zucchero bianco da barbabietola è decisamente più preciso e metodico: l’Italia è un buon produttore di zucchero in quanto detiene diverse coltivazioni della materia prima dalla quale si estrae il prodotto. Diversamente, lo zucchero di canna proviene per la maggior parte dai Paesi sudamericani.
– Quale zucchero fa meno male?
Esistono diverse tipologie di zuccheri e in generale è possibile affermare che qualunque varietà si assuma in abbondanza fa male. Quale zucchero fa meno male dunque? La risposta vera per antonomasia non esiste dato che si entrerebbe in un argomento che non avrebbe molto senso, poiché si potrebbe rispondere in maniera salomonica: tutti e, al tempo stesso, nessuno.
Tutti gli zuccheri creano problemi alla salute se ingeriti in sovra dosaggio, ma nessun tipo di zucchero fa male se viene consumato nella quantità raccomandata, pari indicativamente, a seconda dei soggetti, al 5-10% del fabbisogno calorico normale quotidiano di una persona.
Il processo di sbiancamento dei cristalli derivanti dalla lavorazione della barbabietola da zucchero non lascia traccia nello zucchero bianco.
Lo zucchero di canna, vero è che subisce una lavorazione in meno, ma ciò non significa che sia più salutare. Quello che differenzia le due specie è che se nello zucchero bianco vi è una percentuale indicativa del 99,6% di saccarosio, in quello di canna questo valore è inferiore di pochissimo e l’apporto delle altre sostanze presenti è praticamente trascurabile.
Si può concludere che tra le due tipologie non vi è differenza dal punto di vista salutistico.
Non esiste la molecola di zucchero semolato bianco di barbabietola e la molecola di zucchero di canna marroncina: sono semplicemente due derivazioni differenti che però conducono alla stessa cosa, fermandosi prima nel processo produttivo industriale. Il saccarosio è preponderante in entrambi i tipi, ma se nello zucchero bianco la percentuale si approssima molto al 100%, in quello di canna non sarà mai inferiore al 95%, con il restante 5% massimo composto sostanzialmente da melassa, già inclusa nell’estrazione dalla canna.
Togliendo interamente la melassa durante la lavorazione lo zucchero diventa bianco, asportandone di meno il colore rimane più ”grezzo”.
– La terminologia specifica
Ci sono alcuni termini che possono generare confusione e che al tempo stesso vengono sfruttati commercialmente dal marketing di alcuni produttori per cercare di far apparire una realtà diversa da ciò che realmente è.
– Grezzo: il termino non è ”disciplinato” dalla legge e spesso viene interpretato come fosse qualcosa di incontaminato, ma non è così. Il termine ”grezzo” si riferisce ad un processo di lavorazione che non ha ultimato l’intero ciclo. In realtà lo zucchero di canna, ad esempio, già di per sè potrebbe definirsi come uno zucchero grezzo, nel senso che il suo iter di percorso verso la totale sbiancatura e asportazione di melassa non ha visto la fine.
– Raffinato: è una lavorazione speciale che comporta la purificazione della materia prima. Non è da intendersi quindi in accezione negativa, ma al contrario vengono tolte le impurità secondo un trattamento che potrebbe essere chimico, fisico o biologico.Nello zucchero tale processo non comporta variazioni nutrizionali.
– Integrale: ha senso solo in alcuni casi (ad esempio con le farine), ma con riferimento allo zucchero non ha un particolare significato disciplinato dalla legge 51/2004 (legge che regola il commercio dello zucchero).
– Lavorazione
– Conclusioni
Parlando di zucchero semolato si fa riferimento al prodotto comune che compare tutti i giorni sulle tavole delle famiglie. Lo zucchero bianco non fa male e non è peggio dello zucchero di canna o di altri zuccheri definiti, forse un po’ impropriamente, integrali o grezzi. La lavorazione per ottenere la sbiancatura nulla aggiunge allo zucchero, il quale, al contrario, viene purificato da una delle sue componenti naturali come la melassa. Questa rimane in piccola percentuale nello zucchero di canna, ma nulla aggiunge al nostro organismo.
Non è possibile affermare quale zucchero fa meno male perchè ciò che conta è anche la quantità, oltre che la qualità: ciascuna tipologia di zucchero può esser più dannosa di altre se assunta in quantità eccessiva, come è l’attuale tendenza dell’uomo. Lo zucchero semolato si presenta in piccolissimi cristalli grazie al processo di semola, che lo rende tale unicamente per renderlo più gestibile e dosabile.
Non identifica quindi una qualità del prodotto, ma si riferisce ad una specifica lavorazione che non è solo dello zucchero bianco, ma è anche tipica dello zucchero di canna. Lo zucchero viene assimilato prima dal nostro organismo in quanto è energia disponibile in breve tempo.
Una volta finite le scorte, il metabolismo attinge dai grassi: anche per questo è bene rispettare le quantità raccomandate, ma non vi è grande differenza se il fabbisogno quotidiano viene coperto con zucchero semolato bianco o con altre tipologie.
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