A dispetto di quanto si possa credere, è molto importante controllare periodicamente l’impianto di riscaldamento presente nella propria abitazione (così come anche quello di climatizzazione).

In questo modo infatti ci si può assicurare che tutto funzioni correttamente, evitando spiacevoli incidenti, ma anche limitando gli sprechi energetici (e conseguentemente le spese, perché inevitabilmente consumi maggiorati si ripercuotono sulla bolletta) ed un eccessivo inquinamento atmosferico.

Bisogna però innanzitutto distinguere tra quella che viene definita “manutenzione periodica ed ordinaria della caldaia”, che andrebbe fatta annualmente e che consiste nella pulizia del bruciatore, in quella dello scambiatore di regolazione, nella verifica dello scarico dei fumi e nell’ accertamento che la ventilazione dell’ambiente in cui è installata la caldaia sia corretto.

Diversamente da quello che comunemente viene chiamato “controllo dei fumi della caldaia”, che è regolato per legge e consiste appunto nell’esame puntuale dei fumi della caldaia, nell’analisi della combustione, della concentrazione di ossido di carbonio (CO) e dell’indice di fumosità.

Gli interventi di controllo e manutenzione delle caldaie, in entrambi i casi suddetti, devono essere eseguiti a regola d’arte, da parte di operatori abilitati, per cui è sempre bene rivolgersi a manutentori o installatori in possesso dei necessari titoli e requisiti previsti dalla legge, anche perché solo tali soggetti saranno in grado, a fine lavoro, di rilasciarvi la documentazione di conformità.

Quali sono gli obblighi di legge rispetto alla prova fumi della caldaia?

In via del tutto generale e teorica il Dpr 74/2013 sancisce l’obbligo di invio del rapporto di controllo dei fumi ogni quadriennio (quindi con periodicità 4 anni) per tutte le caldaie a gas fra i 10 e i 100 kW, in modo da ottenere il cosiddetto “bollino blu”, ma in realtà le cose non stanno sempre così e la legislazione in materia varia da regione a regione, con differenze talvolta sostanziali tra una zona e l’altra del paese.

Vediamo dunque di capire quale sia effettivamente la situazione attuale vigente, cosa cambia a seconda della “taglia” e del tipo di impianto di cui si dispone, ma soprattutto a chi spetta l’onere di far eseguire il controllo, chi è abilitato per effettuarlo e a quali sanzioni ed inconvenienti si va incontro qualora si decida di contravvenire agli obblighi di legge.

L’evolversi della situazione normativa in materia

Le prime prescrizioni in materia di controllo caldaie risalgono al 1991, a seguito dell’emanazione della famosissima legge 10, la quale dichiarava che gli impianti termici alimentati non da fonte rinnovabile dovevano essere soggetti a un controllo periodico, in modo tale da verificare che la loro efficienza energetica fosse ancora quella dichiarata in fase di collaudo.

A partire da tale data e fino al 2005, la periodicità dell’obbligo di controllo era prevista per gli impianti fino a 35 kW (di fatto tutti quelli domestici) con cadenza biennale ed annuale per tutti quelli con potenza superiore.

Con il D.Lgs. 192/05 la periodicità dell’obbligo di controllo per impianti domestici relativamente nuovi, ovvero con meno di otto anni di età, è salita a 4 anni e a 2 per tutti gli altri impianti; nel contempo però è stata assegnata alle Regioni la facoltà di modificare tali criteri, introducendo restrizioni specifiche basate sulle proprie realtà territoriali.

Dal 2005 ad oggi si è così assistito ad un proliferare di regolamenti e leggi locali che hanno sancito la diversità del servizio di ispezione da zona a zona, rendendo più complessa la materia nonché creando disuguaglianze sul territorio nazionale, anche in merito alla tariffa che viene richiesta per il rilascio bollino blu.

La situazione ad oggi

Il Dpr 74/2013 sancisce che per le caldaie a gas di potenza compresa fra i 10 e i 100 kW l’obbligo di ottenimento del cosiddetto bollino blu scatta ogni 4 anni.

Le verifiche sono effettuate da parte di un tecnico abilitato, che dietro il pagamento di una determinata tariffa rilascia un rapporto di controllo e contestualmente lo invia all’ente preposto, sia esso il Comune, la Provincia, piuttosto che un altro ente a cui è affidata la gestione del Catasto degli impianti termici, laddove questo esista.

Sono previsti inoltre controlli a campione sugli impianti e nei caso di mancato rispetto delle regole scatta una sanzione. Detto ciò, nonostante la presenza di questa norma statale, sussiste ancora un grande diversità tra le Regioni, che hanno legiferato in tale senso in piena autonomia.

Il Decreto 74/2013 di fatto è in vigore solo in quelle regioni che non hanno recepito la direttiva 2002/91/CE con atto proprio sulla base dell’art. 17 del dlgs 192/2005, restano dunque escluse Liguria, Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Sicilia che hanno legiferato in materia prima dell’entrata in vigore dell’ultimo DPR e nelle quali, dunque, si potranno riscontrare eccezioni a quanto appena detto.

Quanto costa ottenere il bollino blu?

Sul territorio italiano, così come per la periodicità che regola la situazione dei controlli anche per ciò che concerne le tariffe per ottenere il cosiddetto bollino blu troviamo una situazione estremamente eterogenea, peraltro non solo fra una Regione e l’altra, ma in taluni casi persino all’interno della medesima provincia.

Il costo varia da luogo a luogo, ma anche in base alla taglia dell’impianto e può andare, nei casi di impianti domestici, da qualche decina di euro fino a diverse centinaia d’euro e più, specie per i condomini più grandi con riscaldamento centralizzato.

A cosa prestare particolare attenzione

Con il Dpr 74/2013, oltre al controllo dei fumi, diventa obbligatorio, per ogni impianto (compresi quelli di teleriscaldamento e condizionamento) anche la presenza del cosiddetto libretto d’impianto, che costituisce di fatto una sorta di carta di identità che registra tutti i passaggi della vita di un apparato, dalla sua prima accensione all’ultima revisione o intervento effettuati.

Dal 15 ottobre 2014 è in vigore un nuovo modello di libretto, che dovrà essere compilato per la prima volta dal manutentore in fase di controllo, ma è bene comunque conservare anche quello vecchio, in quanto rappresenta una documentazione storica della vostra caldaia.

Infine si ricorda che a seguito della revisione della caldaia e del controllo dei fumi, il tecnico incaricato deve sempre rilasciare un rapporto di controllo, che va poi allegato al libretto di impianto, che viene aggiornato di volta in volta.

Sara Raggi