Le case in edilizia convenzionata consentono alle famiglie meno abbienti di poter disporre di un’abitazione di proprietà. In effetti, è proprio questo il motivo per cui sono nate.
Detto ciò, spesso si sente parlare di edilizia convenzionata un po’ a sproposito e procedendo per luoghi comuni, o per sentito dire. È più che lecito chiedersi, dunque, se le case in edilizia convenzionata siano un affare, un’opportunità, oppure solo un problema in caso di vendita futura.
Innanzitutto, però, prima di rispondere a queste domande, bisogna far chiarezza definendo cosa si intenda esattamente con il termine edilizia convenzionata, che non va confuso né con l’edilizia agevolata, né con quella sovvenzionata.
Fatta questa dovuta premessa, nel seguito dell’articolo, vedremo di capire esattamente come è possibile acquistare una casa in edilizia convenzionata e se si tratta di una possibilità riservata solo ad alcuni, oppure estensibile a tutti. Infine, analizzeremo come è meglio comportarsi nel caso in cui, invece, si desideri rivendere un’abitazione comprata godendo di agevolazioni di questo tipo.
– Edilizia convenzionata: di che di tratta?
L’edilizia convenzionata nasce sostanzialmente per perseguire un fine sociale: ovvero per consentire alle fasce più deboli della popolazione di comprarsi una casa, che serva da abitazione principale per la famiglia.
L’idea è assolutamente nobile ed encomiabile, ma, affinché tale opportunità sia riservata solo a chi effettivamente ne ha bisogno, non tutti possono comprare un’abitazione di questo tipo. Per la stessa ragione ci sono dei limiti dimensionali per gli alloggi convenzionati. Chiaramente non troverete mai una casa in edilizia convenzionata di 200 mq e con tre o quattro bagni!
In pratica, la cosa funziona così. Il Comune elabora un piano di zona ed assegna dei terreni che siano già di sua proprietà, o derivanti da esproprio, ad un costruttore privato oppure ad una cooperativa, stipulando con essi una convenzione che consenta la realizzazione di alloggi da vendere a coloro che ne possiedono i requisiti.
Gli immobili costruiti in edilizia convenzionata hanno pertanto un prezzo inferiore a quello che avrebbero in libero mercato sempre a parità di condizioni (ovvero su quell’area e con quelle caratteristiche), ma devono soddisfare determinati requisiti e la loro assegnazione e commercializzazione è soggetta a vincoli ben precisi.
Inoltre, è giusto ricordare che si può edificare in edilizia convenzionata su due diverse tipologie di terreni. Se si parla di caseggiati costruiti su terreni in diritto di proprietà, l’acquirente, di fatto, oltre allaproprietà dell’immobile detiene una quota parte della proprietà del terreno su cui l’immobile insiste. Qualora invece ci si riferisca a terreni in diritto di superficie, il terreno dove si costruisce viene messo a disposizione dal Comune, che ne è proprietario, ma lo cede per 99 anni, eventualmente rinnovabili.
La normativa che regola tale accordi tra privati e Comune è la Legge 167/1962, nata proprio con l’intento di contenere i costi delle abitazioni, agevolando determinate fasce sociali. Le convenzioni, poi, possono seguire un Piano di Edilizia Economico Popolare (PEEP) o basarsi sulla cosiddetta Legge Bucalossi, che prevede la riduzione del contributo concessorio. In ogni caso restano sempre esclusivo appannaggio dei Comuni alcuni aspetti come:
- la scelta dei vincoli del prezzo massimo di cessione o del canone massimo di locazione;
- la durata di almeno 20 anni, massimo 30, per la validità delle convenzioni;
- la cessazione dei vincoli dopo 5 anni dal primo trasferimento.
– Edilizia agevolata ed edilizia sovvenzionata
Troppo spesso, quando si parla di edilizia convenzionata si rischia di confonderla con l’edilizia sovvenzionata o agevolata. Questo finisce per creare disguidi e confusione. Vediamo, dunque, di comprendere fin da subito quali sono le differenze sostanziali tra le opportunità abitative suddette, così da poterci concentrare, poi, solo sull’edilizia convenzionata.
Mentre nell’edilizia convenzionata vi è un accordo tra Comune e imprese o privati, quando si parla di edilizia sovvenzionata sono direttamente gli enti territoriali o lo Stato a farsi carico dell’onere di realizzare le costruzioni. In questo caso gli alloggi non vengono venduti, ma assegnati soltanto alle famiglie più bisognose, stabilendo un canone di locazione variabile a seconda delle condizioni economiche di ogni singola famiglia e sulla base anche del numero di componenti che ne fanno parte.
In questi casi gli immobili, le cosiddette case popolari, potranno essere di nuova costruzione, piuttosto che acquistate e riqualificate. Il Comune, in base a bandi pubblici, stabilisce delle graduatorie proprio al fine di individuare delle priorità di assegnazione.
L’edilizia agevolata, come quella convenzionata, è una tipologia di edilizia residenziale che prevede il concorso tra pubblico e privato. In questo caso, però, l’intervento dello Stato avviene mettendo a disposizione dei mutui agevolati di due differenti tipologie:
- finanziamenti in conto capitale, ossia a fondo perduto
- finanziamenti in conto interesse, con tassi di interesse più bassi, che variano in base al reddito del nucleo familiare.
Le fasce di reddito per accedere a tali agevolazioni vengono stabilite dalle regioni, con adeguamenti biennali sulla base dell’andamento dei prezzi al consumo individuato dall’Istat.
– Chi può acquistare una casa in edilizia convenzionata?
Come abbiamo già detto, l’edilizia convenzionata non è cosa per tutti. Infatti, per poter comprare una casa in edilizia convenzionata, usufruendo delle agevolazioni ad essa legate, il potenziale acquirente deve soddisfare alcune specifiche richieste:
- innanzitutto, non deve possedere nessun altro appartamento all’interno del medesimo territorio comunale;
- al contempo deve però essere residente o domiciliato nel Comune in cui sorgerà la casa;
- deve essere un cittadino italiano, appartenente alla Comunità Europea, o comunque possedere un permesso di soggiorno valido;
- inoltre, per i programmi finanziati è necessario anche avere un reddito familiare che non superi i limiti massimi stabiliti della legge 457/1978.
Acquisito il diritto di comprar casa in edilizia convenzionata, il nuovo proprietario avrà poi degli obblighi da rispettare, che si concentrano in particolar modo nei primi anni dopo l’acquisto:
– per i 5 anni successivi alla data del rogito non può in alcun modo rivendere o affittare l’abitazione;
– trascorso tale periodo l’acquirente potrà sia vendere che affittare, a patto di rispettare i termini di condizione dettati dalla convenzione stipulata (che normalmente durano dai 20 ai 30 anni).
Dopo 15 anni, ma anche soltanto dopo 6, si potrà rivendere l’immobile, ma sempre a patto di farlo ad un prezzo calmierato. Quest’obbligo decade invece, a seconda della convenzione stipulata, in genere dopo 20 o 30 anni dalla costruzione e dalla prima vendita della proprietà.
Tale tipo di vincolo viene giustamente imposto proprio per evitare che vi siano fenomeni di speculazione edilizia legati a questa tipologia di immobili, che vengono costruiti e poi venduti a condizioni agevolate proprio per venire incontro alle famiglie meno abbienti soddisfacendone le esigenze abitative.
È corretto, dunque, che una casa comprata ad un prezzo più basso del normale, non venga poi ceduta, quanto meno nell’immediato, ad un prezzo comparabile a quello del libero mercato immobiliare.
– Come vendere una casa acquistata in edilizia convenzionata
Come già detto, tra gli obblighi a cui si deve sottostare nel momento in cui si acquista un’abitazione in edilizia convenzionata, alcuni riguardano proprio la possibilità di affittare o rivendere l’immobile.
In generale, salvo casi molto particolari, per i quali eventualmente può essere rilasciato un nulla osta da parte del Comune, è impossibile rivendere o affittare casa per i 5 anni successivi all’acquisto. Anche successivamente, però, possono esserci alcuni vincoli dettati dalla convenzione stessa, tali da rendere l’operazione immobiliare difficoltosa e/o non particolarmente vantaggiosa.
Ovviamente, nella vita non si sa mai cosa può accadere. Vediamo, pertanto, innanzitutto quali sono le motivazioni ritenute valide che possono ammettere la vendita entro il quinquennio e per le quali il Comune tendenzialmente concede il nulla osta all’operazione. Ciò avviene quando:
- la famiglia si trova costretta a trasferirsi per motivi di lavoro ad una distanza superiore ai 50 km dall’abitazione;
- sussistono gravi motivi di salute di un componente del nucleo familiare fino al secondo grado di parentela, che costringono al trasferimento;
- l’alloggio, per qualche motivo, viene considerato non idoneo;
- la famiglia versa in grosse difficoltà economiche;
- vi è una separazione tra coniugi;
- si ha la necessità di dare assistenza sanitaria ad un familiare (o riceverla);
- si ha la necessità di ricongiungere un nucleo familiare a seguito di un matrimonio.
In tutti i casi, quando ci si trova a vendere una casa costruita in edilizia convenzionata, o anche ad acquistarla, la cosa migliore sarebbe rivolgersi a esperti del settore immobiliare, che siano in grado di indirizzarvi verso la via più corretta e conveniente da seguire per effettuare una vendita regolare e non penalizzante.
Sostanzialmente, i proprietari che vogliono vendere la loro abitazione costruita in edilizia residenziale convenzionata, hanno due possibilità:
- vendere a un prezzo uguale o inferiore a quello determinato sulla base dei criteri stabiliti dalla convenzione (e normalmente inferiore al valore di mercato dell’abitazione),
- vendere a prezzo di mercato, stipulando prima, tramite atto notarile, una nuova convenzione con il Comune, al quale andrà pagato un corrispettivo in denaro.
Ovviamente, se si vuole vendere dopo 6 anni dall’acquisto, con tutta probabilità converrà rimuove il vincolo; mentre dopo 18 anni, ad esempio, sarebbe più opportuno temporeggiare ancora un paio d’anni in attesa che decada il vincolo originario.
– Rimuovere i vincoli d’edilizia convenzionata
È lecito, dunque, domandarsi se sia sempre possibile la rimozione dei vincoli dell’edilizia convenzionata. La risposta è sì, probabilmente ne avrete anche già sentito parlare, resta da capire, caso per caso, se convenga, oppure no, rimuove i “paletti” originariamente imposti, perché chiaramente quest’operazione ha un prezzo, che in alcuni frangenti potrebbe rivelarsi tutt’altro che irrisorio.
La nuova normativa in merito (art. 25-undecies del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136), stabilisce che i vincoli relativi al prezzo massimo di vendita (e al canone massimo di locazione) contenuti nelle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni (sia per ciò che concerne il diritto di proprietà, che per quanto riguarda il diritto di superficie) trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, possono essere rimossi stipulando con il Comune un accordo.
Questo prevede il versamento di un corrispettivo in denaro, proporzionale alla corrispondente quota millesimale (art. 31, comma 49-bis, della legge 23 dicembre 1998, n. 448), in cambio viene rimosso qualsiasi vincolo di natura soggettiva presente sull’immobile. Tale accordo va stipulato sempre con atto pubblico o mediante scrittura privata autenticata da un notaioe deve essere trascritto nei registri immobiliari.
Fino all’eventuale stipula di un accordo di questo tipo, atto a rimuove i vincoli, in caso si decida di procedere alla vendita o all’affitto dell’immobile a suo tempo acquistato in edilizia convenzionata, il prezzo non potrà mai essere superiore a quello risultante dall’applicazione dei criteri indicati nella convenzione stessa.
Qualora nel contratto di locazione o nella proposta di vendita venga indicato un prezzo superiore, l’acquirente (o affittuario) non è in alcun modo tenuto a pagare la differenza rispetto al prezzo vincolato e qualora l’avesse già pagata può chiederne il rimborso.
La nuova normativa, comunque, ha chiarito che il vincolo relativo al prezzo massimo di cessione (così come al canone massimo di locazione) delle abitazioni realizzate nell’ambito di programmi di edilizia residenziale pubblica convenzionata rimane in vigore per trent’anni dalla data di stipula della convenzione.
Inoltre, è stato stabilito che l’accordo per la rimozione dei vincoli può venir stipulato da qualsiasi persona fisica che ne ha interesse, anche qualora non fosse più proprietaria dell’immobile interessato, né titolare di diritti reali sullo stesso.
Questo sostanzialmente, oggi, consente a chi avesse già venduto a prezzo di mercato un immobile realizzato in edilizia convenzionata senza prima svincolarlo, di bloccare l’eventuale richiesta di rimborso dell’eccedenza di prezzo da parte dell’acquirente, pagando in prima persona quanto richiesto dal Comune.
– Concludendo
Come avrete capito, se si soddisfano i requisiti richiesti, comprare casa in edilizia convenzionata è un’ottima opportunità, anche perché difficilmente chi è ammesso a tale tipo di agevolazioni potrebbe permettersi di acquistare con le sue sole forze un’abitazione di nuova costruzione. È sempre possibile poi, in un futuro, rimuovere i vincoli pregressi e dopo aver versato un corrispettivo in denaro rivendere a prezzo di mercato.